A cura di Azzurra Baggieri

Dopo aver intervistato Giulia Martina Weston, storica dell’arte, docente universitaria (presso il Courtauld Institute of Arte consulente per case d’asta, antiquari e collezionisti privati, abbiamo avuto modo di intervistare la Dott.ssa Federica Di Folco.

Federica di Folco, dopo aver conseguito la laurea in Studi Storico – Artistici presso l’Università La Sapienza di Roma con il massimo dei voti e aver studiato per quattro anni la LIS, si è interessata alla tematica dell’accessibilità museale e ha conseguito un Corso di Alta formazione professionale su questo tema presso l’Università di Cassino. E’ operatrice didattica dal 2007 e Guida ufficiale di Roma e Provincia dal 2010.

Nell’intervista che segue vengono, quindi, affrontate le tematiche relative all’accessibilità dei Musei durante il periodo di emergenza sanitaria, all’opportunità di incentivare il “turismo di prossimità” e all’ideazione di valide alternative per continuare a beneficiare dei beni culturali senza rinunciare alla visita “dal vivo”.

1) Con il cessare del lockdown i Musei di tutta Italia hanno potuto riaprire al pubblico sebbene con orari ridotti e nel rispetto delle misure sanitarie dettate dal Governo. In qualità di guida turistica che svolge la sua attività nella città di Roma e presso i Musei Vaticani (anche per persone sorde), in quali termini ritiene cambiate le modalità di fruizione dei beni culturali? E’, secondo lei, oggi possibile offrire visite guidate di qualità o le misure di contenimento del virus compromettono il loro adeguato svolgersi?

La riapertura dei musei è stata per me una boccata d’ossigeno dopo mesi di apnea.

Ero all’inizio un po’ titubante a visitarli, ma dopo essermi fatta coraggio, ho constatato che la risposta delle nostre istituzioni museali alla necessità di un adeguamento alla nuova situazione è stata immediata, energica ed efficace.

Il rispetto delle norme per il contenimento del contagio è garantito ovunque e da assidua frequentatrice di musei e mostre me ne rallegro, ma la riconversione delle modalità di visita ha comportato anche un cambiamento, anzi, uno stravolgimento della mia professione.

Seguirà ora un lungo elenco di cose che rendono complicatissimo il mio lavoro e ci tengo ad essere chiara su un punto: tutte queste restrizioni sono assolutamente necessarie. Lo sforzo che ci viene richiesto è giustificato dalla situazione attuale e dalla sfida che la nostra Nazione è chiamata ad affrontare. Questo però non mi impedisce di raccontare le cose come stanno: citando una delle mie serie tv preferite, “I am not complaining, just telling truth” (“non mi sto lamentando, sto soltanto dicendo la verità”).

Non tutti i musei al momento permettono lo svolgimento di visite guidate. Tra essi, la Galleria Borghese, luogo affascinante e molto richiesto dal pubblico, ma al momento inaccessibile per i gruppi guidati.

Quando i gruppi sono ammessi, non possono superare le dieci unità. In alcuni luoghi, come la Farnesina, gioiello del Rinascimento italiano, i gruppi non possono essere composti da più di quattro persone e questo va ad incidere pesantemente sull’intera organizzazione della visita.

In generale, i numeri dei visitatori sono contingentati ovunque e se questo non è un problema per la maggior parte dei musei romani, lo diventa nel momento in cui si riceve una richiesta di visita per il Colosseo, che non ammette più di qualche centinaio di visitatori al giorno.

Dunque queste le prime due sfide: la ricerca di un museo che ammetta i gruppi ed il reperimento dei biglietti.

Una volta superate queste difficoltà iniziali, la visita in sé è in molti casi limitata in quanto limitata è la possibilità di muoversi liberamente all’interno dei musei.

Ci sono sensi di marcia, tempi contingentati, divieti di sosta o l’impossibilità di stare tutti insieme nella stessa stanza, per non superare il numero massimo di persone ammesse nei vari ambienti.

Sono difficoltà che si possono affrontare e che noi guide rispettiamo senza polemiche, ma spesso fanno sì che i visitatori rinuncino all’esperienza in attesa di tempi migliori. Inoltre alcune istituzioni museali stanno organizzando visite guidate comprese nel prezzo del biglietto. Questa decisione, che in altri tempi non avrebbe avuto un impatto decisivo per il mio lavoro, crea in questo momento storico una situazione di “concorrenza sleale” che va a ridurre sensibilmente la fetta del pubblico a disposizione delle guide turistiche.

2) In Italia la pandemia ha determinato un’inevitabile contrazione dei flussi dei turisti. Ad esempio nella città di Roma è stato stimato un calo della presenza di forestieri pari al 99,7%. Questa situazione, replicata per ogni centro storico importante italiano, rappresenta un grave danno per l’economia del Paese. Tuttavia, non crede che da tale situazione difficile possa comunque trarsi una valida opportunità per incentivare il turismo interno?

Ho nutrito a lungo, durante il lockdown, la speranza che il turismo interno potesse, in qualche modo, attutire l’impatto del Coronavirus sulla mia professione.

È una speranza che a volte ancora riaffiora, specialmente quando ascolto i commenti estasiati dei nostri connazionali di fronte alle bellezze della mia città.

Devo però fare i conti con quella che è la realtà: in tredici anni di attività il 98% dei miei guadagni è arrivato grazie al turismo straniero.

Il prendere parte a visite guidate di gruppo è una modalità che non sembra essere molto affermata nel nostro Paese.

Gli italiani si affidano di solito ad associazioni culturali, che spesso propongono visite nei fine settimana e che permettono l’instaurazione di un rapporto di fidelizzazione e fiducia reciproca tra guida e pubblico.

Di rado ho visto italiani affidarsi a grandi tour operator e, in maniera sorprendente, sembrano prediligere una visita libera con audioguida a quella in compagnia di una guida turistica.

Non nego che i due servizi abbiano costi che differiscono di molto, ma è altresì innegabile che essi offrano un tipo di esperienza completamente diversa, che giustifica tale divario.

Se, dunque, è vero che il cosiddetto “turismo di prossimità” potrebbe garantire degli introiti decenti per i musei, non mi sento di poter affermare lo stesso per quanto riguarda la mia professione di guida turistica a partita IVA.

3) Durante il periodo del lockdown diversi musei e istituzioni culturali hanno promosso le visite virtuali delle loro collezioni, caricando sui loro siti (e/o sui social network ad essi collegati) materiale audio-visivo. In tal modo si è riusciti ad assicurare una qualche fruibilità dei beni culturali anche se la percezione delle opere è stata inevitabilmente compromessa. In caso di perdurante stato di emergenza sanitaria, quali crede possano essere delle valide alternative per continuare a beneficiare dei beni culturali senza rinunciare alla visita “dal vivo”?

Ho personalmente aderito a molte di queste iniziative durante il lockdown.

Ho apprezzato le dirette e le conferenze del Museo Egizio, i video della Galleria degli Uffizi, gli approfondimenti della Galleria Borghese e della mostra su Raffaello presso le Scuderie del Quirinale. Ho letto articoli, ho ascoltato conferenze, ho interagito quanto più ho potuto sui social media delle varie istituzioni.

C’è stato però un giorno in cui ho realizzato che una tale”bulimia” (mi sia concesso di usare questo termine molto forte) rischiava di produrre, al contrario di quanto prefissato, una dispersione dei contenuti.

È stato il 6 aprile, giorno in cui si celebrava il cinquecentenario della morte di Raffaello. C’era una lunga serie di eventi online che, da laureata in storia dell’arte ed appassionata di arte rinascimentale, non volevo perdere. Gli eventi si sarebbero susseguiti ed in alcuni casi persino accavallati per tutto il pomeriggio. Ero arrivata al punto di impostare la sveglia per essere pronta a passare all’evento successivo. È stata un’esperienza quasi frustrante. Ho, dunque, capito che questo tipo di comunicazione, messa in piedi in fretta e furia per ovvi motivi, aveva generato un grande caos: un caos fertile, pieno di idee e di contenuti preziosi, ma pur sempre un caos.

L’esperimento, anche se non completamente riuscito, ha però avuto il merito di iniziare un dibattito sulla fruibilità virtuale dei nostri beni culturaliLa ritengo una sfida molto affascinante, specialmente perché provengo da un corso di alta formazione professionale dedicato proprio al tema dell’accessibilità museale. Al momento condividiamo tutti la difficoltà di viaggiare a causa del Coronavirus ma di rado si pensa a chi, per motivi di altra natura, non potrebbe viaggiare comunqueMi riferisco a chi è ricoverato in ospedale, chi ha ridotte capacità motorie o, semplicemente chi non può permettersi una vacanza per questioni economiche, per fare solo alcuni esempi. Si potrebbero studiare, ripensare le esperienze virtuali del lockdown ed utilizzarle per ideare una modalità che possa funzionare e possa essere proposta anche in futuro, in modo da raggiungere capillarmente chiunque abbia voglia di entrare in contatto con il nostro patrimonio culturale.

Attualmente sono impegnata in un esperimento molto interessante, che ho messo in collaborazione con i miei superiori ed i miei colleghi per un tour operator con il quale collaboro da anni (Through Eternity). Ciascuno di noi ha lavorato ad una presentazione corredata di immagini ad alta definizione e video e dedicata ad un aspetto specifico del patrimonio storico artistico di Roma, Firenze, Venezia, Napoli, Ercolano, Pompei e Siracusa. Le presentazioni vengono messe a disposizione dei nostri clienti durante dei “virtual tour” che avvengono sulla piattaforma Zoom. Questo tipo di esperienza non può sostituire la visita dal vivo, ma ha grandi pregi: 1) la presenza di una guida specializzata che non soltanto conduce il tour,ma è anche disponibile per domande, commenti, riflessioni e discussioni sui temi proposti; 2) un alto contenuto didattico che però può essere modificato in tempo reale per rispondere di volta in volta ai bisogni dei partecipanti; 3) una capacità di raggiungere in maniera molto capillare e democratica un alto numero di persone, che per partecipare hanno solo bisogno di una buona connessione ed un’ora e mezza del loro tempo.

Non credo che questo sarà il futuro del turismo: non c’è niente che possa sostituire l’emozione di scoprire, durante una visita nella chiesa di Sant’Ignazio, che quella cupola che vola sulla nostra testa è in realtà una tela dipinta, ma ho sempre preferito la giustapposizione alla sostituzione.

In un mondo come il nostro, pieno di risorse e di possibilità, la vera libertà è poter avere a disposizione un ampio numero di opzioni e di poter avere accesso a quelle che meglio rispondono alle nostre esigenze”.


Picture by Amy Burry.